Come fu che da francesi diventammo spagnoli restando sempre siciliani

foto 1: Pedro III di Aragona sbarca a Trapani.

Era l’inizio di ottobre dell’anno 1282 quando un nutrito gruppo sferrazzante scintillante e baldanzoso entrava a Messina trionfante, con i suoi cavalli dai graziosi finimenti e i suoi soldati sorridenti. Cosa era successo? Semplice: Pedro III di Aragona (che tanto per complicare le cose si chiamava anche Pedro II di Barcellona) aveva in quei giorni completato la conquista della Sicilia, scacciando a pedate l’usurpatore angioino.I catalani guidati da Pedro III erano arrivati sbarcando a Trapani il 30 agosto di quello stesso anno (cosa che fa di Garibaldi un dilettante) per far valere il suo diritto come sposo di Costanza di Hohenstaufen (Costanza di Sicilia) figlia di Manfredi che nel 1266 era stato assassinato proprio dagli angioini (diremmo noi brutti e cattivi) per appropriarsi dell’isola. Non fecero tutto da soli i catalani, ebbero l’appoggio della nobiltà siciliana e per quanto raccontino le cronache catalane, anche del popolo siciliano. La campagna militare aveva un costo e fu finanziata dalla comunità ebraica di Barcellona (comunità potentissima che commerciava e aveva avamposti nei principali porti del Mediterraneo), dagli aragonesi e dai valenziani.

foto 2: La corona aragonese nel 1330.

Insomma, per farla breve, la corona aragonese prese il controllo della Sicilia diventando potenza europea e regnando sull’isola fino al 23 gennaio 1516 quando alla morte di Ferdinando II d’Aragona il regno di Sicilia e il regno di Napoli passarono sotto il diretto controllo della corona di Spagna con Carlo V d’Asburgo. Fu solo nel 1713 con la pace di Utrecht che la Sicilia passò in mano ai piemontesi di Amedeo II di Savoia. Che lingua si parlava in Sicilia nei quattrocento e rotti anni di regno iberico? In Sicilia si parlava il siciliano, che non era un dialetto dell’italiano ma una lingua romanica che aveva (ed ha tuttora) molte affinità con il catalano. I regnanti aragonesi lasciarono il siciliano come lingua e chiaramente ci influenzarono (loro prima e i castigliani del regno di Spagna dopo) nella formazione del dialetto attuale che dalla lingua castigliana prende tutta la grammatica.

foto 3: Una mappa di Sicilia del 1601.

Una curiosità da notare è che a differenza dello spagnolo e delle altre lingue latine, nel siciliano e in tutte le sue varianti isolane manca del tutto la coniugazione dei verbi al futuro (per questo noi siciliani usiamo spesso il presente unito alla forma castigliana del “quando” per formare il futuro).